Non c’è dubbio che l’emendamento recentemente depositato dai Senatori del Movimento 5 Stelle Endrizzi, Dell’Olio, Puglia, Pirro, Mautone, Briziarelli e Pisani ha dato vita ad un vivace dibattito.
Va detto che, come si rileva dal Sito Internet del Senato, l’emendamento è stato dichiarato inammissibile, se pur limitatamente al comma 1, cioè quello maggiormente significativo e che avrebbe toccato direttamente e pesantemente le cosiddette “catene di cliniche odontoiatriche”.
Se a qualcuno fosse sfuggito l’emendamento, lo può leggere direttamente alla specifica pagina del Sito Internet del Senato, a questo link http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Emendc&leg=18&id=1130437&idoggetto=1134832.
Ma sono “interessanti” alcuni punti della nota di accompagnamento in cui viene detto che “l’ingresso delle attuali catene odontoiatriche nel mercato si è dimostrato fallimentare: anziché determinare un aumento della concorrenza, hanno di fatto ucciso una quantità di piccoli e medi ambulatori, riducendo quindi il numero di punti di offerta di servizi odontoiatrici, concentrando l’offerta in pochi player a danno del tessuto professionale/imprenditoriale legato al territorio, ma anche dei consumatori”.
Tra i fattori determinanti questo scenario “fallimentare” l’estensore della nota fa riferimento a “pratiche sanitarie scorrette”, a “diagnosi false ed esecuzioni di cure non necessarie”, a “utilizzo di materiali non biocompatibili”, a “tecniche inadatte”, a “pratiche commerciali scorrette”.
Le associazioni di categoria hanno generalmente accolto positivamente la presentazione dell’emendamento.
Cosa dicono gli addetti ai lavori?
Secondo l’AIO l’iniziativa è in linea con quanto da loro richiesto riguardo un intervento legislativo a sostegno di forme societarie in cui medici e odontoiatri detengano la maggioranza di due terzi.
L’ANDI sottolinea che i rischi occupazionali che da più parti sono stati espressi in contrapposizione all’emendamento del Senatore Endrizzi sono, di fatto, un falso problema. L’Associazione conferma comunque il pieno sostegno all’iniziativa parlamentare in atto rimarcando che “la frequente chiusura e il fallimento di numerosi Centri Commerciali Odontoiatrici ha lasciato migliaia di pazienti in cura presso di loro abbandonati a se stessi” e che “la trasformazione delle attuali società in STP, per caratteristiche proprie di tale soluzione, non consentirà più che avvengano ulteriori truffe o situazioni e lascino soli i pazienti nelle loro esigenze di salute odontoiatrica”.
Per contro, la A.M.I.C.O. (Associazione Medici e Igienisti Centri Odontoiatrici) ha espresso una profonda preoccupazione per l’emendamento presentato, paventando la chiusura di un elevato numero di centri e la perdita del posto di lavoro di circa 17.000 persone.
Sulla stessa linea è ovviamente posizionata l’ANCOD (Associazione Nazionale Centri Odontoiatrici) che rappresenta le imprese che operano nell’ambito della sanità privata nel settore odontoiatrico e conta circa 800 centri con oltre 7.000 medici odontoiatri, 8.000 dipendenti e circa 700 milioni di fatturato.
Se pur l’emendamento sia stato dichiarato inammissibile al comma 1 (vale a dire la proposta che a partire dal 1 gennaio 2022, l’esercizio dell’attività odontoiatrica in forma societaria è consentito esclusivamente ai modelli societari che assumono la veste e forma di società tra professionisti iscritte al relativo Albo professionale ai sensi dell’articolo 10, legge 12 novembre 2011, n. 183), è evidente che qualche problema sussiste e che ci sono interessi contrapposti che, in qualche modo, dovranno essere mediati e risolti.
A questo proposito, mi sia concessa qualche personale considerazione. E voglio iniziare da un punto di vista giuridico formale citando l’articolo 41 della Carta Costituzionale riguardante la cosiddetta “Libera Impresa”.
Considerazioni
Il testo dell’articolo sinteticamente recita: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con la utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. È evidente che, al di là delle doverose indicazioni riguardo la valenza sociale, non vi siano vincoli riguardo la possibilità di fare impresa pur non avendo titoli professionali coerenti con l’oggetto sociale. D’altra parte, lo scenario imprenditoriale è enormemente variegato e non mi pare vi siano situazioni nelle quali sussistano dei vincoli riguardo le caratteristiche professionali degli imprenditori.
Vorrei altresì sottolineare che le forti affermazioni contenute nella nota dell’emendamento Endrizzi riguardanti i presunti comportamenti illeciti e contrari alla deontologia, non sono così facilmente dimostrabili. E, ad onor del vero, le stesse accuse potrebbero essere attribuibili anche a singoli professionisti.
Una vera azione di contrasto ai comportamenti scorretti ed illeciti si realizzerebbe attraverso un concreto sistema di controllo ed una efficace attività di informazione dell’utenza.
Il cittadino deve essere adeguatamente informato su come affrontare un eventuale trattamento odontoiatrico, soprattutto se di entità ragguardevole. Al di là della fiducia verso il dentista a cui si è sempre rivolto, deve essergli suggerito di interpellare più strutture o professionisti dai quali deve pretendere spiegazioni dettagliate sui piani di trattamento proposti ed una relazione scritta nella quale siano indicati, in modo chiaro e comprensibile, la sintesi diagnostica e il piano dettagliato del trattamento proposto, corredato dalle indicazioni sulla presunta durata del trattamento, sugli eventuali effetti collaterali e controindicazioni, sulle aspettative e sulle garanzie che l’Odontoiatra o la Struttura vorranno dare. Oltre ad un chiaro preventivo di spesa ed un programma di pagamento proposto.
Sempre relativamente al tema dei comportamenti illeciti e scorretti, si potrebbe pensare anche ad una forma di controllo attivo da parte dell’Ordine e/o da parte delle Associazioni di categoria.
Vorrei aggiungere una considerazione riguardo il paventato rischio che le cosiddette catene fagocitino i piccoli ambulatori. È certamente questo un pericolo oggettivo che, però, va a colpire le strutture impreparate in termini di qualità (non tanto quella clinica, bensì quella “percepita” dagli utenti), in termini di attenzione al Paziente/Cliente, in termini di capacità organizzativa. La concorrenza delle catene deve essere, sotto questo punto di vista, presa come un riferimento per migliorare.
Detto questo, la mia posizione non è né a favore né contro le strutture organizzate. Sono invece pienamente dalla parte del rispetto e della qualità che devono essere riservate ai Pazienti, in uno scenario in cui la libera concorrenza deve andare a favore degli utenti in un quadro di rispetto delle regole da parte di tutti.
La valenza sociale
Voglio chiudere con un breve commento sull’altra finalità dell’emendamento del Senatore Endrizzi. Mi riferisco alla volontà di agevolare l’accesso alle cure odontoiatriche alle fasce di reddito meno abbienti e a tutte le cosiddette categorie deboli.
Io credo che su questo fronte molte cose possano essere fatte. È questo un territorio nel quale l’Ordine dei Medici e Odontoiatri, in collaborazione con le Associazioni di categoria, possono attuare iniziative concrete quali, ad esempio, l’istituzione di semplici procedure, ovviamente supportate da un organismo di controllo, che agevolino l’erogazione di trattamenti gratuiti, in una misura percentuale rispetto al fatturato prodotto. Sono attive sul territorio svariate associazioni di volontariato che potrebbero svolgere attività di mediazione tra gli Odontoiatri e le famiglie con bisogni.
Questo è un tema che certamente affronterò più avanti.
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