Dov'è finita quella cartella?
Per quanto si sforzasse, la dottoressa Domitilla Fresa proprio non riusciva a mantenere ordine nel suo studio. E in questo non le dava certo una mano la sua capo assistente Gabriella. Per altro, il personale era decisamente insufficiente per i ritmi di lavoro dello studio, sicché ognuno faceva quel che poteva, dando precedenza alle necessità contingenti. Inoltre, non vi era una precisa assegnazione dei compiti, così le mansioni venivano svolte un po’ a caso.
Va altresì detto che la dottoressa Fresa non aveva la benché minima familiarità con i computer e con la tecnologia in generale. E così, nel suo studio, si faceva ancora tutto a mano, con carta e penna, e con una proliferazione di fogli e foglietti che normalmente finivano dappertutto.
Un bel guazzabuglio. Quasi sempre mancava qualcosa per l’operatività, sia che si trattasse dello strumentario o della documentazione relativa ai pazienti. Per non parlare dell’agenda. Le annotazioni non erano fatte sempre puntualmente, ma appena qualcuno aveva il tempo di farle, a volte dimenticandosene. E così capitava che si presentassero dei pazienti che apparentemente non avevano l’appuntamento e le sovrapposizioni non facevano che creare ulteriore caos, con il disappunto degli utenti che non mancavano di lamentarsi della disorganizzazione.
Lo stesso avveniva per le cartelle cliniche che, a volte, non si trovavano perché finite chissà dove e, quando venivano ritrovate (con conseguenti ulteriori perdite di tempo per le affannose ricerche), le annotazioni venivano fatte “a memoria”.
Per non parlare, poi, della fatturazione e, soprattutto, della gestione dei pagamenti dei pazienti. Con una approssimativa sistematicità la dottoressa Fresa si portava tutto a casa e faceva le ore piccole per cercare di mettere ordine. Il più delle volte era impossibile ricostruire puntualmente le posizioni economiche dei pazienti e la dottoressa era consapevole che ciò comportava delle perdite. Ma non riusciva fare di più.
Un giorno la dottoressa fece visita ad una sua collega che aveva uno studio simile al suo per dimensione e per volume d’attività. Anche questa dottoressa aveva, come lei, tre dipendenti. Non poté non notare come tutto fosse ordinato e di come l’attività seguiva un flusso lineare. Chiese alla collega come facesse ad essere così organizzata e questa rispose: “Io tengo tutto lì dentro”, indicando il computer che aveva accanto.
La dottoressa “virtuosa” aveva fatto la saggia scelta di informatizzare buona parte delle attività dello studio, automatizzando così molte transazioni e liberando, di fatto, lei stessa ed il personale dalla routine, con il vantaggio di evitare errori e di standardizzare i processi di gestione.
Un corso di informatica di base e l’apporto di un consulente che la indirizzò nella scelta del software maggiormente indicato all’automazione del suo studio furono risolutori della precedente ingarbugliata situazione. Superate le iniziali difficoltà nel modificare l’operatività quotidiana, il personale tutto visse con positività gli automatismi introdotti che migliorarono anche il clima aziendale e la percezione di efficienza da parte degli utenti.
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