Sono stato in dubbio se scrivere o no questo articolo. Sulla valorizzazione dello studio odontoiatrico sono state scritte molte cose, da autori più o meno autorevoli. Abbiamo letto pagine e pagine sia sulle ragioni che inducono il professionista a porsi la fatidica domanda, sia sulle innumerevoli formule di calcolo.
È stato detto e scritto di tutto, ed anche l’esatto contrario. Ma la questione è che non esiste una verità provata ed oggettiva.
Non volevo quindi aggiungermi al coro di coloro che si sono cimentati nel commentare questo importante aspetto della vita aziendale dello studio odontoiatrico. Io mi occupo prevalentemente di consulenza organizzativa e strategica per migliorare l’andamento dello studio, ed intervengo laddove mi viene richiesto aiuto per risolvere un problema o per raggiungere un obiettivo.
Il fatto allarmante, però, è che ultimamente sono spesso interpellato da professionisti che intendono cedere o cessare, più per sfinimento che per oggettiva intenzione. E la prima domanda che mi viene posta è proprio su quanto si può economicamente ricavare dalla cessione dello studio.
La risposta è sempre complessa. Sono numerosi i parametri a cui fare riferimento per una stima “aritmetica” e altrettanto numerosi sono i fattori “non numerici” di cui bisogna tener conto. Senza dimenticare il contesto e la situazione sociale in essere. Oltre a ciò, entra in gioco l’aspetto percettivo, sia del cedente sia del potenziale acquirente. Per questa ragione invito sempre chi mi chiede quanto vale il suo studio a porsi la seguente domanda: “Che cifra sarei disposto a pagare per acquistare uno studio come il mio?”.
Alla fine la questione si risolve con la contrapposizione tra domanda e offerta. E in questo gioca un ruolo determinante la vocazione di cedere da una parte, e l’intenzione di acquistare dall’altra. È un fatto negoziale che vive una forte specificità propria, non confrontabile con nessun modello. È, in tutto e per tutto, una questione di equilibrio tra fattori numerici, strategici, e ambientali.
Per chi ha una minima conoscenza delle tecniche di negoziazione, la compravendita di uno studio odontoiatrico non può che essere del tipo “win-win”, cioè quel tipo di trattativa da cui si esce con un risultato di reciproca soddisfazione.
Su questo principio, desidero sottolineare il mio approccio nell’acquisizione di un mandato di consulenza per la cessione di uno studio odontoiatrico.
Indipendentemente da chi mi ha interpellato, sia esso il potenziale cedente o acquirente, io chiedo sempre di essere il consulente di entrambe le parti. Il mio intervento non è finalizzato alla vendita in quanto tale, bensì al raggiungimento di un accordo che, come detto, sia di reciproca soddisfazione. Alcune volte questo non si ottiene, ma io credo sia preferibile rimandare la cessione piuttosto che vendere (o comprare) male.
Normalmente lavoro sui due fronti della trattativa, in modo trasparente e cercando la condivisione sull’analisi dei parametri in gioco. A volte il percorso è rapido, a volte più lungo ed articolato. L’importante, però, è arrivare ad una consapevole e condivisa percezione dei valori in campo, per giungere alla sottoscrizione di un accordo preliminare ben circostanziato che comprende i valori economici, le modalità di pagamento e le condizioni operative per il subentro.
Quasi sempre il professionista cedente si accorda per la prosecuzione della sua attività clinica nella struttura, soprattutto per un “passaggio di consegne” che tuteli il più possibile la fidelizzazione della pazientela. Va da sé che un buon accordo è anche il presupposto per una collaborazione professionale proficua.
La richiesta sul valore dello studio odontoiatrico mi viene posta anche da quei professionisti che, per reggere le sfide del mercato e fronteggiare una normativa sempre più pressante, vedono nell’associazionismo la strada per risolvere una situazione difficile. Anche in questo caso, la consulenza trasversale su tutte le parti in causa è il presupposto di un accordo solido e duraturo.
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