La tanto discussa Legge di Bilancio 2019 ha portato una nuova normativa per la regolamentazione della pubblicità in ambito sanitario. Questa normativa è frutto della proposta di legge avanzata da Rossana Boldi, parlamentare della Lega.
L’iniziativa dell’on. Boldi vuole contrastare ciò che viene definito come “Il fenomeno della ingannevole informazione in sanità” dove viene sottolineato che tale fenomeno è “particolarmente evidente in odontoiatria”.
È certamente vero che da più parti si chiedeva che si regolamentasse la giungla che si è venuta a creare dopo l’introduzione della famosa “Legge Bersani” a seguito della quale si sono viste azioni pubblicitarie piuttosto “disinvolte”. A mio modo di vedere, però, riemergono i soliti luoghi comuni che colpevolizzano il settore odontoiatrico ben oltre le sue presunte negligenze. Ciò che è scritto nella proposta è una eccessiva generalizzazione laddove si dice che la relazione medico-paziente “viene esposta a gravi rischi a causa di una deriva fuorviante ed ingannevole per il cittadino utente”.
Ma veniamo ai contenuti della nuova normativa che, va detto, è stata accolta favorevolmente e unanimemente da ANDI, CAO, AIO ed Enpam che hanno viste accolte le istanze per un riordino delle regole della comunicazione.
La struttura della legge si basa sul condivisibile principio che la pubblicità in sanità deve valorizzare l’aspetto informativo, cancellando quello promozionale e commerciale.
Io credo, però, che il confine tra “informazione” e “promozione” non sia facilmente determinabile, in un quadro di forte soggettività interpretativa.
Esporre i prezzi di una visita o di un trattamento in soluzione unica come, ad esempio, una seduta di igiene orale, è promozione o informazione?
Se, come dice il disegno di legge, “il cittadino utente deve poter effettuare una scelta libera e ragionata”, conoscere il valore economico della visita o del trattamento a cui si vuole sottoporre è certamente una “informazione” a completamento dei parametri di valutazione e scelta.
Lo stesso vale per le indicazioni sui tempi di prenotazione di una visita o di una indagine diagnostica. Idem per gli orari di apertura.
Questi parametri possono certamente essere interpretati come “commerciali” in quanto caratterizzanti il servizio e comparativi con una realtà più o meno nota ai potenziali utenti. Ma è innegabile che sono, allo stesso tempo, dei fattori “informativi” che offrono maggiore libertà di scelta da parte del cittadino utente.
Ciò che a mio parere è veramente importante è la veridicità del contenuto dei messaggi pubblicitari, che i messaggi siano di facile lettura e correttamente interpretabili da tutti. Devono contenere solo riferimenti di natura strettamente clinica, senza illusorie promesse di guarigione o di risultati che non possono essere garantiti.
Non dovrebbero altresì essere esplicitate eventuali opportunità di finanziamento o agevolazioni di pagamento, lasciando questi aspetti di natura economica ed una trattativa privata nel quadro di un rapporto one-to-one con il Paziente.
Nella proposta di legge dell’on. Boldi è citato anche il “rischio di trattamenti terapeutici non sempre corrispondenti alle singole esigenze di cura”, ma questo è un aspetto riguardante la deontologia che in buona parte prescinde dal contenuto e dalla forma dei messaggi pubblicitari.
La normativa ribadisce altresì il ruolo di verifica preventiva da parte degli Ordini professionali sanitari territoriali delle comunicazioni diffuse a livello nazionale, nonché di controllo successivo. Ovviamente con la facoltà di adottare provvedimenti sanzionatori.
Per ultimo, è stabilito che tutte le strutture sanitarie private di cura, nel termine di 120 giorni dalla data di pubblicazione della legge, sono tenute a dotarsi di Direttore Sanitario iscritto all’Albo territoriale in cui hanno sede operativa.
Un primo importante passo verso la normalizzazione è stato compiuto. L’auspicio è che facciano presto seguito le necessarie disposizioni attuative.
Lascia un commento